Ovvero: la mia relazione con dodici persone.
Ho inserito questo appuntamento nel calendario condiviso di Disintegratə*: c’è voglia di passare del tempo insieme fuori da lavoro. Lo spazio è quasi pronto, ce lo meritiamo. Da poco abbiamo installato il wifi, il modem è quella cassa alta con dentro installata l’Ai. Quella mattina Alexa sciorina, uno dopo l’altro, gli appuntamenti della giornata: ore 10.00 call per il sito, ore 15.00 appuntamento insegna e chiusura pacchi #CUOREDINAPOLI, ore 18.00 “un appuntamento in tredici”.
Io arrivo dalla Puglia apposta. Con quindici minuti di ritardo, puntuale alle 18.15 mi presento all’appuntamento. Con un po’ di imbarazzo, ci contiamo all’uscita dallo @spaziotra, lì davanti al Modernissimo:
– Uno, due…..nove, dieci, undici. Ma chi deve scendere ancora?!
– Serena e Ludo, ovvio.
Arrivano e andiamo.
– Vino?
Da via Cisterna dell’Olio ci muoviamo confusamente verso Monteoliveto. Prendo una bottiglia di vino e scherzosamente due bicchieri: uno per me, uno per il mio partner di dodici persone. Iniziamo a chiacchierare, qualcuno più distante di altrə. Nota al margine: non tuttə siamo disposə allo stesso modo a parlare a partire dalle nostre emozioni:
– quella volta che mi hai detto che avevo le ginocchia storte.
– ma è perché a me non piacciono le mie!
Odio quella parte di me, amo quella parte di te. Appunto sul foglio per questo articolo:
la cosa che odio dell’altro riflette la mia paura o il mio limite.

Se penso alle nostre paure, penso alla paura della mancanza. Siamo tredici parti indispensabili? Questa domanda ci tocca: nessuno ci obbliga a stare insieme e lavorare per un sogno. Forse chiamarlo sogno è ingiusto, per una realtà che è ancora virtuale. Una cosa che arriverà. Stare insieme tutti i giorni, a volte rinunciare anche ad altro. Quindi la paura della mancanza:
– ma se te ne vai sarò felice per te, se ami fare anche un’altra cosa..vai ad arricchirti e poi torna ad insegnarci le cose che hai scoperto.
– eh ma ci vuole pure costanza, insomma, questa piantina di amore deve crescere. Eh, insomma, ci vuole cura!
– ah, che difficile.
– eccerto che è difficile ma è questo il bello: facciamo pratica.
– e ci amiamo equamente secondo te?
– ma che domanda, che vuol dire? Ci amiamo in modi diversi. Però pure che a me non piace il ginocchio, a me serve il mio ginocchio.
Scrivo sul foglio: siamo tredici parti indispensabili, funzioniamo e ci amiamo in modo diverso.

-Eh ma mica il ginocchio può andarsi a fare un giro bell’e buono!
Qualcunə borbotta.
Scoppiamo in una risata insieme e ci distraiamo da quel discorso complicato. Iniziamo a giocare insultandoci come se fossimo ognunə una parte di noi stessə:
– quanto mi sta antipatica questa parte di me quando è così rigida!
– e questa parte di me che arriva sempre in ritardo?!
diciamo indicandoci.

Arriva il momento di salutarci. Prima di andare chiedo se posso leggere una cosa che ho segnato mentre studiavo.*
La leggo e ci commoviamo un po’. Ci amiamo molto, alla fine. Stiamo tuttə dedicando tempo ed energia ad una collettività. Se non è una relazione questa…
– Ehy, ma stasera facciamo che ci scriviamo quando arriviamo a casa?