La ricerca di uno spazio

Abbiamo vinto un bando e ci serve uno spazio. Siamo un’associazione, un’impresa creativa, un collettivo di artistə. È più di un anno che, senza retribuzione, lavoriamo alla scrittura e costruzione di un progetto sul territorio, racimolando i soldi necessari per rendicontare le prime spese e avere il finanziamento “a saldo” dall’Unione Europea (se tutto va bene). 

Abbiamo dai 23 ai 28 anni. Siamo tredici e siamo terronə. Siamo laureatə all’Accademia di Belle Arti in New Media Art col massimo dei voti (come se contasse).

Abbiamo scelto Napoli e le sue periferie centrali come fulcro della nostra azione artistica, decidendo – ognunə di noi, più o meno consapevolmente – di rimanere nel Sud Italia e provare da qui a generare un cambiamento. 

Poche risorse economiche faticosamente guadagnate, nessuna garanzia o case intestate, né buste paga. “Ma che belli questi giovani pieni di energia che hanno voglia di fare le cose” ci dicono. Lavoriamo dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 18.00, ci teniamo insieme spesso con lo scotch, ma resistiamo e proviamo a rimanere concentratə sul sogno comune.

Intanto l’Italia è tra gli ultimi posti nelle classifiche dei Paesi europei per tasso di occupazione giovanile (insieme a Grecia, Portogallo e Bulgaria), contemporaneamente è il paese più caro nell’Ue per avviare una startup. Invece Napoli vive una crisi abitativa e di attraversabilità dello spazio pubblico frutto di politiche che hanno mal gestito l’aumento dei flussi turistici e non hanno considerato fattori che pure interessano il turismo, come investimenti in beni culturali, formazione, relazioni umane e politiche, relegando la loro gestione allo spontaneismo.

Riassumendo: difficoltà nel trovare lavoro e paghe adeguate, costi altissimi, crisi immobiliare e abitativa, mancanza di garanzie. In questo panorama la ricerca di uno spazio è una missione degna di Cooper. Se lo spazio è abbastanza grande, ancora non parcellizzato per farci due o tre B&B, il proprietario non si fida di un giovane gruppo di artistə, o rifiuta di farci un contratto adeguato.

In questa confusa e velata disperazione durata mesi, ci imbattiamo in un agente immobiliare che sembra volerci aiutare. Lo spazio che ci fa vedere ci piace molto, il budget c’è, la posizione è perfetta. Inizia la contrattazione e poniamo due condizioni: nel contratto deve essere specificato l’uso dello spazio come sede delle nostre attività e i bonifici mensili li effettueremo dal conto dell’associazione (condizioni che ci permettono di rimanere nella legalità e ricevere i fondi del bando). Al momento della firma, queste condizioni vengono meno: non possiamo firmare, ma intanto l’agente ha intascato la provvigione.
Dopo più di anno di lavoro per racimolare qualche euro, ne perdiamo millecinquecento. Brutta botta.

Per fortuna siamo tredici e non tuttə reagiamo allo stesso modo: qualcunə ha pianto per giorni, altrə hanno ricominciato a cercare.

Alla fine uno spazio lo abbiamo trovato, quindi è un finale felice. O forse, un inizio faticoso.
Del resto questa città è così, ti richiede concentrazione e una buona dose di cazzimma.

P.S.:  Se questa storia ti è familiare, probabilmente anche tu sei un operatorə culturalə, artistə o artigianə, criticə o scrittorə, magari fai parte di una “giovane” associazione culturale o di una piccola start-up. 

Presto inauguriamo, si chiama Spazio Tra: interstizio, spazio tra le cose, tra le persone, luogo al limite. È un hub di formazione e co-progettazione artistica. 

Sarebbe bello se venissi anche tu.