La resistenza di un collettivo artistico

// Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere. //

Brecht scriveva queste parole quando l’ingiustizia era il fascismo.
Quali forme assume l’ingiustizia oggi? 
Cosa significa essere antifascisti?

Contro chi o cosa esercitiamo il nostro diritto-dovere di resistenza?

“Nel linguaggio giur. e sociologico, diritto di resistenza è il diritto di opporsi, anche con la violenza, a ogni attentato o minaccia recati ai diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo da parte del potere costituito.”

La pandemia ha reso evidente la preoccupante disparità di valore che attribuiamo al tempo: legittimo è solo il tempo del lavoro, della produzione, del consumo.
Ma la cultura? Che ruolo ha nella nostra società?

L’antropologia e la sociologia ci vengono in aiuto. In un interessante saggio, da poco riedito da Laterza, Francesco Remotti raccoglie e struttura alcune riflessioni intorno al concetto di antropo-poiesi,“fare umanità”. L’essere umano è tale in quanto produttore di cultura (si pensi al pollice opponibile e alla sua capacità creativa), ma come suggerisce l’antropologo Clifford Geertz l’essere umano non è solo un produttore di cultura, ma anche un suo prodotto. La cultura è quindi un fattore necessario per produrre e organizzare l’umanità:

“non vi è l’uomo e poi la cultura; al contrario vi è la cultura e poi gli esseri umani”(Remotti, Fare Umanità)

La cultura come materia plasmante, e l’uomo come materia plastica capace a sua volta  di ridefinire la cultura. Allo stesso modo l’artista modella il mondo che ha intorno interpretandone i segni, lo crea e ne viene a sua volta definito. 

Foto di #attodamore, progetto del laboratorio di Nuove Tecnologie dell’Arte, ABANA

L’arte è quindi un elemento che si pone in modo generativo rispetto al nostro essere umani, è parte di ciò che siamo e di ciò di cui abbiamo bisogno per stare bene, è un diritto fondamentale che ora è sotto minaccia; agisce inoltre su un’altro diritto di cui si è  spesso discusso in questi mesi: il diritto alla salute.

<< L’alleanza tra arte e salute, infatti, ormai si regge su un corpo sempre più solido di evidenze scientifiche. >>

Si apre così l’articolo de Il sole 24ore che affronta il tema: “Di fronte al desolante scenario in cui l’intero pianeta si trova, guardare alle arti come una soluzione per la ricostruzione del benessere sociale non è più soltanto un passepartout accattivante del dibattito culturale. L’alleanza tra arte e salute, infatti, ormai si regge su un corpo sempre più solido di evidenze scientifiche, ma a fugare gli ultimi dubbi è arrivata l’Organizzazione Mondiale della Sanità con la pubblicazione del più grande studio mai effettuato sul tema: “What is the evidence of the role of the arts in improving health and well-being?” (R.Capozucca – Il sole 24ore)

Nonostante sia auspicabile una discussione olistica che finalmente unisca teorie e discipline spesso tenute su piani separati, come collettivo artistico troviamo invece preoccupante aver bisogno di prove scientifiche per vedere riconosciuta l’importanza del nostro lavoro. Abbiamo bisogno della scienza per affermare il ruolo dell’arte in questa “patria della cultura” che viene chiamata Italia?

<< Abbiamo esasperato la
rottura dei confini >>

Da un mese, ogni venerdì le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo manifestano davanti al teatro Mercadante di Napoli; il collettivo ABANA ha ospitato – durante i 40 giorni di occupazione – tantissime assemblee e movimenti; scuole, università e collettivi stanno alzando la voce in un rinnovato clima di coordinamento e intersezione delle lotte.

L’arte  collega le persone da migliaia di anni: improvvisamente, davanti a un quadro, uno spettacolo teatrale, un’opera d’arte relazionale, ci immergiamo nello stesso flusso emotivo, siamo connessə.

Ancor di più oggi, dopo aver accolto le provocazioni delle avanguardie novecentesche e trasformato definitivamente il ruolo del pubblico attraverso “azionismo”, “happening” e “perfomance”, abbiamo esasperato la rottura dei confini (tra opera e spettatore, tra tecniche e media), e sperimentato opere d’arte relazionali in forma di “festival” rendendo interi quartieri Sculture Antropologiche Relazionali. Ma “la suggestione della scomparsa dei vincoli geografici prodotta da Internet è rimasta tale, perché dal 1989, quindi dalla caduta del Muro di Berlino in poi, le cose sono andate diversamente e di confini, oltre a quelli fra gli Stati, ce ne sono ancora tanti, visibili e no.”
(M.Vicinanza, Pensiero globale e azione locale, in Una rivoluzionaria presa di coscienza. Invito al viaggio, 10 anni di NTA a cura di Olga Scotto di Vettimo. Arte’m, 2020)

 Questi confini sono i nuovi fascismi: l’individualismo dilagante, la paura dello straniero, lo spreco di risorse naturali; l’arte e la cultura spogliate della loro funzione sociale e politica, ridotte a mero bene di consumo non necessario (meno necessario di un ristorante o di un centro commerciale).

 Questi confini, visibili e invisibili, vogliamo abbattere: come collettivo artistico rivendichiamo l’arte e la relazione come strumento per attivare processi virtuosi, praticare il mutuo soccorso e la cura e costruire comunità resistenti.  

Resistere oggi è un atto d’amore per la collettività.
Resistere è “restiamo umani”, è fare cultura.
In un mondo che ci vuole solə e insicurə, resistenza è relazione.